Una delle consuetudini di lunghi viaggi
in bicicletta è quella di ritrovarsi davanti alla mappa e cominciare
a ipotizzare la tappa del giorno o quelle dei giorni seguenti. Fino
in Colombia abbiamo abbiamo trovato su internet l'altimetria precisa
di ogni parte del percorso. Da Bucaramanga abbiamo solo i riferimenti
di distanze e altitudini di inizio e arrivo. Come sempre veniamo
terrorizzati dai locali rispetto alla salita che ci aspetta. Lunga 48
km per 2200 mt di dislivello fino al Picacho. Abbiamo quello che
serve per accampare e partiamo di prima mattina. Le persone che ci
vedono passare ci incitano e dopo il primo km una ragazza mi urla
“Dai che ormai ci siete!!”. Colpi di clacson e pollici alzati
ci accompagnano lungo tutto il tragitto. Incrociamo diversi ciclisti
che si spingono non oltre il km 20. Saliamo in mezzo a una
intricatissima foresta equatoriale da cui a un certo sentiamo gridare
“Hagale, Hagale!!! a dar la vuelta por toda Colombia!” che si
potrebbe tradurre con un a “Dai! Dai! Fate il giro di tutta la
Colombia!.. ci scappa da ridere e ci rincuora sentirci comunque
benvoluti. Siamo in forma e procediamo ad un ritmo che ci permetterà
di arrivare in cima in giornata. Incontriamo 2 giovani poliziotti
colombiani che iniziano a farci domande bizzarre tipo “Quando i
capelli delle europee prendono il color urina?” guardando la
ricrescita di Marghe. Poi qui c'è tutto un modo di relazionarsi
affettuoso a cui però è necessario abituarsi. E allora quando si
rivolgono a me partono con “papito”, “mono” (scimmia) mentre
con Marghe iniziano ogni frase con “mi amor”, “rubia”
(bionda), “mamita”. A circa 10 km dalla vetta il cielo si
annuvola e comincia a spiovicchiare. Ormai abituati non ci stiamo
neanche a cambiare e continuiamo più rinfrescati. Entriamo dentro
alle nuvole che si vedevano dalla valle e li la pioggia comincia a
scendere a secchiate tanto che ci ripariamo sotto una tettoia
aspettando che finisca. Dopo mezz'ora ancora niente e ci diciamo che
in fondo è solo acqua e quando rallenta un po' partiamo. Addosso
tutto l'abbigiamento antipioggia. Ai piedi e alle mani borse di
plastica. Saliamo sotto un diluvio. L'acqua scorre impetuosa sul
bordo della strada. A volte l'attraversa e dobbiamo stare attenti a
non finire in qualche buca nascosta dall'acqua. Non ricordo di averne
mai presa così tanta in un tratto così piccolo, neanche in
Patagonia. L'idea di campeggiare in queste condizioni ci dà la forza
per pedalare con costanza e in un'ora e mezzo siamo al tanto
famigerato Picacho, dove si trova la stazione del pedaggio a 3150
mt. C'è un hospedaje con acqua calda e non ci dobbiamo neppure dire
cosa fare.. tremiamo in attesa che la signora ci prepari la umida
stanza in cui passeremo la notte schiacciati dal peso delle coperte
per difenderci dal freddo che è maggiore nella stanza che
all'esterno. La mattina il cielo sembra rischiarato, partiamo presto
verso il caldo di Cucuta senza alcuna indicazione rispetto al
dislivello da superare. La strada corre abbastanza piana in una
vallata a 3000 mt. Pedaliamo in mezzo a malghe con mucche al pascolo
e rivoli d'acqua ovunque. Ai lati della strada si vendono soprattutto
cipollotti bianchi raccolti in grandi mazzi. Il cielo si riannuvola e
raggiungiamo infreddoliti il Paramo di Berlin. Ci dicono che il
Paramo è un tipo particolare di clima che esiste solo in alcune zone
della terra caratterizzato da umidità, freddo e la presenza quasi
costante di nuvole.. insomma un postaccio direi.. Ci riscaldiamo con
un aguapanela e riprendiamo a salire e scendere da una collina
all'altra. La vista sulle valli sottostanti è spettacolare.
Finalmente arriviamo alla discesa che ci conduce alla temperatura
primaverile di Pamplona, una città universitaria incastrata nei
monti. Qui niente aguapanela calda, ci mangiamo un bel gelato.
Decidiamo di continuare fino a Cucutà, l'ultima città della
Colombia prima di entrare in Venezuela. Scendiamo a balla per circa
30 km fino ad arrivare al fiume che nel frattempo si è messo a
scorrere in piano. Il caldo è opprimente e viene la voglia di
fermarsi a fare un bagno al fiume. E' domenica e c'è parecchia gente
che cerca di rinfrescarsi. Quando mancano solo una trentina di km a
Cucuta, riusciamo a scorgere la vallata successiva che è bianca da
quanto fissa è la pioggia che sta cadendo. Iniziano le prime gocce.
Mi fermo e dico a Marghe che è meglio fermarci un attimo e aspettare
che smetta. Inizia a diluviare. Diversamente dai 3000 mt, qui siamo
poco sopra i 500 e bagnarsi può essere accettabile e così molte
moto continuano a passare. Quando smette ripartiamo e arriviamo a
Cucuta quando è già buio. Anche qui, come al Picacho, ci dicono che
erano giorni che non pioveva. La città sembra impreparata, l'acqua è
un po' dappertutto, anche la mattina dopo quando sotto un gran sole
ci accingiamo a terminare la parte colombiana del nostro viaggio.
Alla frontiera ci facciamo timbrare l'uscita dalla Colombia e saliamo
sul ponte internazionale fino ad arrivare ad uno striscione in cui
Chavez ci dà il benvenuto alla Repubblica Bolivariana del Venezuela.
“El unico riesgo es que quieras quedarte” (L'unico rischio è
che tu voglia rimanere). Con questo detto colombiano ci lasciamo alle
spalle un paese molto vario da tutti i punti di vista e con persone
che ci hanno accolto nel migliore dei modi. In Venezuela cambia
un'altra volta la moneta ed è complicato fare calcoli sul costo
delle cose. Ma ci abitueremo. San Antonio del Tàchira si trova
attaccata alla frontiera. L'aria condizionata di Bucaramanga e
l'acqua presa in questi giorni mi ha lasciato un forte mal di gola e
una tosse che ad ogni colpo mi fa bruciare i bronchi. Voglio
continuare e decidiamo di arrivare fino a San Cristobal. Senza
altimetria è difficile fare calcoli e ci affidiamo solo alle
informazioni della gente che spesso sono corrette nella direzione ma
non nello sviluppo della strada. Ci consigliano di prendere una
strada secondaria più lunga ma meno pendente di quella più breve.
Il sole è a picco, con tutte le trafile alla frontiera partiamo alle
11.. anzi alle 11.30 visto che qui in Venezuela l'ora è spostata di
30 minuti in avanti.
Saliamo carichi di acqua. Lo smog delle
macchine e la polvere alzata mi seccano la gola provocandomi dolore
tutte le volte che deglutisco. Veniamo fermati da un signore che sta
vendendo arance al bordo della strada e che ce ne regala un po'.
Chiacchieramo delle nostre storie e poi ripartiamo. La gola va meglio
ma durerà poco. Da 2 giorni ho anche i brividi. Mi ritornano alla
mente giorni simili in cui in India ho pedalato con gli stessi
sintomi.. Dopo un saliscendi estenuante arriviamo a San Cristobal,
saliamo in centro e troviamo un hospedaje economico vicino alla
stazione degli autobus. E' ancora qui che ci troviamo. Fermi un
giorno per vedere di sfiammare la gola e pianificare tutto
l'itinerario venezuelano che come prossima meta ci condurrà a
Merida.
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Bucaramanga come appare all'inizio della salita |
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Verde! |
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Marghe rischia la vita.. |
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Fioriere fatte con i copertoni dei camion |
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Mi son persa... muuuu |
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La vista sulla vallata mentre continuiamo a salire |
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Ci avviciniamo alle nuvole |
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Incontri ravvicinati.. |
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In vetta il tempo non promette bene |
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Anche dietro non scherza |
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La vetta è vicina.. |
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Prime gocce |
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Secchiate |
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Aguapanela calda |
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La mattina ripartiamo imbacuccati e ancora umidi |
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El Picacho |
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Vallata a 3000 mt |
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il cielo stavolta promette bene |
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.. non proprio bene.. |
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Pamplona!! |
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Al caldo finalmente |
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Anche oggi la nostra dose quotidiana |
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Sparati verso Cucuta |
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Cucuta bagnata, Cucuta fortunata? |
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Una calza di polvere e fango |
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8 birre venezuelane in uno dei peggiori bar di Cucuta.. |
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Verso San Antonio del Tàchira (Venezuela) |
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Ai lati della strada taniche di benzina comprate in Venezuela e rivendute in Colombia |
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Conveniente! |
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Al ponte internacional |
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Benvenuti a Venezuela!!! |
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Chavez ovunque |
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